Plataci
Plataci è uno dei paesi più pittoreschi dell’Arbëria perché è immerso nel verde di una ferace natura dell’Alto Jonio cosentino, tra gli antichi siti di Sybaris e Trapezàkion, ai piedi di un contrafforte della catena est del Pollino, dove Vasto da l’alta vetta l’orizzonte/Si stende sopra e l’Ionio mare,/E Taranto lontan sfumano e Sila!/Ride il bianco Pollino dietro il monte;/Ride l’umano core, ed a sognare/Invitano gli olivi e i pioppi in fila! (C. Brunetti).
La sua meravigliosa posizione, che permette di spaziare lo sguardo con incanto fino all’orizzonte, dove le acque marine e la volta celeste sembrano incontrarsi in un idilliaco abbraccio e dove si contemplano albe rosate e tramonti d’oro, gli consente di beneficiare di mare e monti.
Esso, infatti, dista dallo Jonio appena 15 Km, pur avendo un’altitudine minima, dal centro abitato, di 950 metri s.l.m. che giunge fino a quota 1717 metri (Monte Sparviere).
L’impianto urbanistico somiglia a un teatro affacciantesi al litorale ed è coronato da una folta e stupenda boscaglia (Dhumàni: bosco del Demanio) di farnie, cerri, aceri e piante sempreverdi, “…Ove la pace alberga e il vero amore”, ed è costeggiato da limpidi ruscelli “…che scendono mormorando al verde prato”. L’origine del nome potrebbe averlo acquisito in Italia prima della trasmigrazione shqipetara, essendo Platachi (Plataci) già casale di Cerchiara quando sono giunte le colonie albanesi nel sito. Ma è probabile anche che l’originaria denominazione sia stata trasformata in Pllàtni dagli stessi Albanesi o da alcuni Arvaniti (greco – albanesi) giunti anch’essi in loco prevalentemente da Corone e Modone ( Peloponneso) o da uno dei loro villaggi della stessa etnia: Plàtanos (in greco: Πλάτανος), a est e ad ovest di Diakopto Akrata e del golfo di Corinto; Plàtani nell’Eubea; Plàtana nel Peloponneso (antica Morea); Platàia nell’Attica, a ricordo della loro terra. A Plataci avrebbero trovato asilo anche gli abitanti della regione albanese di Gramsh, a sud-est di Tirana, da cui si è originato e diffuso il cognome Gramsci (o Gramisci) le cui famiglie, molte delle quali nobili, hanno dato vita nel tempo agli antenati del grande intellettuale e politico italo-albanese Antonio; nonché gli Epiroti, dopo la morte di Skanderbek ad Alessio (1468) e la presa di Kruja (1478) da parte dei Turchi, giunti al seguito di Giovanni, figlio del citato eroe albanese, per sfuggire agli Ottomani e insediarsi sulle coste ioniche della Calabria, accordate da Ferdinando d’Aragona per stabilirsi in comunità, o per fondarne altre, popolando zone depresse e a lungo disabitate. Etimologicamente potrebbe derivare anche dalla parola greca Platania, “bosco di platani” (alberi autoctoni della famiglia degli aceri orientali, o forse dal termine latino Plateacium, risalente al classico Platea, che significa “agro non coltivato, luogo vuoto” per il fatto che il suo territorio era al quanto brullo e abbandonato.
Secondo alcuni studi storico-toponomastici svolti, non è da escludere che alcune famiglie albanesi giunte in più riprese a Plataci, dal regno di Napoli dov’erano state accolte dopo il loro approdo negli italici lidi, si siano stanziate dapprima nella zona di San Giovanni, in contrada Zagaria, risalendo il Saraceno. Tale ipotesi viene avvalorata dalle memorie storiche che si tramandano in paese da generazione in generazione; dalla presenza di ruderi di remote abitazioni civili e religiose, tra cui quelli di una ex chiesetta in Rràhi klishs (piano della chiesa). E’ presumibile, pure che qualche altro nucleo si sia insediato a Varraticat (zona di sepolcreti) o più a nord nel “Piano del troncone” (Sheshi garoçit), luoghi di probabili cimiteri, considerato che vi sono state rinvenute delle tombe lastricate risalenti al periodo della loro trasmigrazione, ed altre forse a qualche millennio precedente (epoca medioevale e addirittura bruzia e longobarda). Tali nuclei familiari in seguito si trasferirono nell’attuale ubicazione dove c’erano abbondanti sorgenti d’acqua.
Tra i cognomi platacesi più diffusi ed originari, alcuni dei quali derivanti dai nomi dei paesi di loro provenienza, abbiamo: Osnato (Osnat: villaggio posto nella prefettura di Pogradeci); Napoli che, probabilmente potrebbe derivare da Nauplia posta nel golfo greco omonimo, oppure da Neàpolis che si trova nel golfo di Laconia in Grecia: entrambe le cittadine sono ubicate nel Peloponneso; Bellusci, proveniente dalla città di Bëlush nel centro-sud dell’Albania, col significato anche di “piccolo arbusto sempreverde delle zone fredde albanesi che produce bacche amarognole” (Belush-i-ë-ët). Gli altri, invece, hanno una derivazione diversa: Flocco (Flok-u: capello); Blumetti (in origine “Bulmet-Bulmeti: latticino, col tempo mutato anche in Brunetti/o, forse per errore di trascrizione); Stamati (dal verbo greco “stamatà”: fermarsi); Chidichimo; Dramisino; Smilari; Trojano (o Trajano); D’Agostino: sono di etimologia ignota.
Il territorio di Plataci ha un’estensione di 50,38 kmq e si divide in collina, montagna e alta montagna. Esso è attorniato da paesi latini, con i quali ha molti legami e scambi, e confina a nord con Alessandria del Carretto e Terranova del Pollino; a ovest con Cerchiara di Calabria; a est con Albidona; a sud con Villapiana compreso il casello ferroviario 111, a sud-est con Trebisacce, a nord-ovest con San Lorenzo Bellizzi.
Nonostante l’influenza con il mondo e la cultura latina, il paese mantiene con orgoglio, integre e vivide, più di altri centri albanofoni, la lingua madre e le tradizioni avite. Professa la religione cattolica, di rito greco-bizantino, e la parrocchia di San Giovanni Battista appartiene alla Diocesi di Lungro, istituita il 13 Febbraio 1919 dal papa Benedetto XV per i Catholici fideles ritus graeci.
RICORRENZE FESTE RELIGIOSE POPOLARI
San Giovanni Battista – Patrono di Plataci che si festeggia il 23 Settembre: festa del Concepimento del venerando glorioso profeta e precursore Giovanni il Battista, e il 24 Giugno: Nascita di San Giovanni Battista.
Santa Maria di Costantinopoli – Compatrona di Plataci: prima domenica di Novembre e domenica dopo la Pentecoste. Anticamente si festeggiava il martedì dopo la Pentecoste, secondo la tradizione bizantina, ma è stata spostata alla domenica successiva, in seguito ad una riforma liturgica, per andare incontro ai devoti fedeli che, essendo liberi da impegni lavorativi, potevano venerarla con maggiore partecipazione e presenza. La festa di Novembre, invece, è stata immessa al culto dei fedeli per iniziativa e interessamento di Stamati Angelo, padre del compaesano Mons. Giovanni, II Vescovo dell’Eparchia di Lungo, ed è collegata alla concessione di una grazia mariana richiesta dai fedeli per ringraziarla di aver compiuto il prodigio della pioggia dopo un lungo inverno asciutto. Il Santuario è stato costruito per una devozione di Martino Trojano verso la Madonna di Costantinopoli che gli ha preservato un figlio dalla furia di una cavalla, la quale lo aveva scaraventato a terra e trascinato per oltre un chilometro fino al luogo dove oggi sorge la chiesa.
San Rocco: 20 agosto
Madonna del Monte: 21 agosto in memoria dell’Anno Santo, 21 agosto 1956, giorno in cui è stata benedetta ed inaugurata la cappella del Monte Barone in suo nome.
La Parlata di Plataci*
I testi albanesi della parlata di Plataci sono documentati a partire dalla prima metà del XIX sec. (1856), grazie ad alcune poesie italo-albanesi di un certo Mosè Trajano rinvenute casualmente: Canzona (fol. 9) e Leggi di Natura (fol. 23, v. Cirillo Korolevskij, Le Vicende Ecclesiastiche dei Paesi Italo-Albanesi della Basilicata e della Calabria, Plataci, pp. 214-216).
Fonologia
L’antica parlata arbëreshe di Plataci, si conserva e si tramanda ancora abbastanza bene rispetto al passato, che era molto più conservativa, e all’odierno albanese ufficiale, anche perché non subisce facili e forti influenze e/o contaminazioni con i calabresismi dei paesi circostanti. Essa, infatti, si trova in una cosiddetta “zona linguistica protetta” e i bambini, sin dalla nascita, apprendono ed parlano l’idioma materno che poi perfezionano a scuola con i corsi PON di lingua arbëreshe (v. Legge Nazionale 482/88). Oggi la nostra lingua è riconosciuta dalla Legge dello Stato Italiano (nr. 482/99) di “Tutela delle Minoranze Linguistiche” presenti in Italia e, pertanto, siamo maggiormente motivati a difendere tale nostro ingente patrimonio linguistico e, nel contempo, scongiurare un suo fatale tramonto, almeno fino a quando avremo la chiara consapevolezza della nostra identità linguistica e la buona volontà di adottarla, nonché la cura di tramandarla amorevolmente alle nuove generazioni, assieme a tutta la nostra atavica e nobile cultura. La vetustà di tale parlata si riscontra, inoltre, nella presenza degli onomatopeismi. Tutto ciò rappresenta, per la nostra lingua, un sicuro e fondamentale fattore di conservazione e di salvaguardia.
Essa rientra nella variante linguistica tosca, detiene anche molti grecismi, ha un suono aperto e presenta un carattere più arcaico dell’ albanese letterario. Difatti, mantiene ancora gli antichi nessi kl, gl, pl che nella lingua di molte parlate arbreshë sono passate a q, gj, pj di San Basile, Firmo, Lungro, Acquaformosa, ecc.
Secondo lo studioso, sac. Francesco Solano e già docente di Lingua e Letteratura Albanese all’Università della Calabria, di venerata memoria, la parlata platacese, a livello fonetico, presenta un carattere arcaico e, in seno al vocalismo e al consonantismo, ha dei suoni che variano dal tonico al pre-tonico e post-tonico. Il fonema e pretonico, infatti, passa spesso ad a: menat~manat (domani), mentre il fonema ë, pre e post-tonico, passa regolarmente ad a: shërbènj~sharbènj (lavorare) che è accusativo. I dittonghi ua – ia restano invariati anche in sillaba chiusa finale: mbìall (semino), duall (è uscito). Il fonema ∂ non accentato passa ad i sotto l’influsso di una palatale: pil’set (scoppia), qèpinj (cucio), ma qepan (cuci), sotto l’influsso di una velare o di v – w passa ad u: shtullònj (io getto), vunxhònj (vinco). La consonante h ha un allofono in th (θ) che appare principalmente nelle forme verbali mediopassive: martoham~martotham (mi sposo). Nelle generazioni più giovani, però, il fonema tende ad estendersi anche ad altri casi: gluha~glutha (lingua).
Morfologia
Dal punto di vista morfologico, inoltre, la lingua platacese ha tre generi, come la maggior parte delle lingue indoeuropee (albanese, greco, latino, slavo): maschile, femminile e neutro e due numeri: singolare e plurale.
*Notizie tratte dal libro di: Costantino BELLUSCI, “PLATACI – PLLÀTNI: Cronistoria generale dal Medioevo ad oggi”, Tipolitografia Jonica, Trebisacce, 1998.